OSINT e Pubblica Amministrazione (di nuovo)

Qualche (breve) riflessione, completamente “a braccio”.

Giovanni Nacci - Intelli|sfèra
9 min readJun 30, 2022

Parafrasando, si può dire che tutti quanti (è sufficiente il fatto di essere “cittadini”) in un certo qual modo “siamo fatti della materia di cui è fatta la Pubblica Amministrazione”.

E si perché in qualsiasi modo la vogliamo mettere, il semplice fatto di essere (e considerarci) “animali sociali” — significativamente antropocentrici, oltretutto - automaticamente ci colloca all’interno di un ambiente in cui per forze di cose il concetto di “collettività” (Pubblica) si fa inscindibile da quello di “organizzazione” (Amministrazione).

Ma “organizzare” e “amministrare” non sono però tra loro sinonimi, sebbene uno degli strumenti a disposizione di chi è chiamato a amministrare è senza dubbio l’organizzazione.

In un senso amministrare (da “ministro”) comprende i concetti di reggere, curare, regolare, sorvegliare il buon andamento. In un altro senso, più performativo, comprende anche il concetto di somministrare (es.: sacramenti) o anche prescrivere (es. medicine, punizioni, ecc.).

Dall’altro lato organizzare invece ha più a che fare con il gesto (o l’intenzione) costruttivista di “dare a qualcosa una struttura ordinata e coerente, collegando tra loro i vari elementi in modo che possano operare insieme per raggiungere uno scopo”.

Dunque il risultato è che il concetto di collettività è inscindibile:

  1. dal fatto sociale che porta a considerare una pluralità di individui nel loro insieme (quale che sia la proprietà o la motivazione che induce a considerarli come tale);
  2. dalla necessità amministrare quella collettività, affinché resti tale;
  3. dal fatto conseguente che l’amministrazione (di cui al punto 2) deve necessariamente perseguire un fine “organizzativo” ed infine …
  4. dal fatto che per tutti i punti precedenti è previsto un idoneo “regime di pubblicità” (ovvero il fatto che siano resi disponibili e accessibili, senza soluzione di continuità, alla collettività stessa).

Riassumendo: se siamo cittadini siamo fatti (anche e soprattutto) della materia di cui sono fatte le relazioni sociali che definiscono e amministrano il nostro partecipare a un collettivo “pubblico”.

Una parte di queste riflessioni la ritroverete all’interno del video OSINT e Pubblica Amministrazione mentre un’altra parte è sviluppata a partire da quello. Non è perciò fondamentale che lo guardiate anche se farlo potrebbe essere utile (e spero interessante), motivo per il quale lo trovate subito qui sotto.

In questo video ho cercato di iniziare un discorso sul tipo di contributo che una disciplina come l’Intelligence delle Fonti Aperte può ipoteticamente dare alla Pubblica Amministrazione, intesa come entità che si pone (o dovrebbe porsi) l’obiettivo — tra gli altri — di migliorarsi e di automigliorarsi, nell’interesse (appunto) collettivo.

In questa sede vorrei invece provare a pensare alla Pubblica Amministrazione come a una “rete”, un network. Non tanto, o non solo, come una rete di Enti, di strutture, di Organizzazioni, di Uffici… piuttosto come un network complesso di esigenze, funzioni, obiettivi e risorse. Insomma un po’ come se fosse un organismo. Proviamo.

Esigenze.

La Pubblica Amministrazione — ogni Pubblica Amministrazione — presenta un fascio di esigenze che in parte è “proprietario” e in parte è in comune con altre Pubbliche Amministrazioni. Il termine esigenza definisce “quanto è richiesto o giova al normale svolgimento di qualche cosa”.

Il “quanto è richiesto” concerne le esigenze essenziali, quelle “vitali”. Il “quanto giova” concerne invece tutte le esigenze accessorie.

Già la sola ipotesi di un ragionamento sul “quanto è richiesto” (esigenza essenziale) affinché alle pubbliche amministrazioni venga garantito il normale svolgimento — sottolineo normale svolgimento — delle loro funzioni (vedremo poi) chiama in causa una enorme pluralità di concetti: spending review, controllo della qualità della spesa, accountability, anticorruzione, trasparenza sono soltanto i primi concetti che vengono in mente così, su due piedi.

Normalmente si ha l’abitudine di pensare a questi “oggetti concettuali” in termini di “liste”: elenchi di voci divise per categorie arbitrarie, incolonnate e ordinate in base a un qualche principio.

Ma abbiamo mai provato a pensarli invece come una rete? Ovvero a spostare l’attenzione dal singolo concetto alle relazioni — più o meno significative — che questo instaura con altri concetti. Le “esigenze” delle pubbliche amministrazioni sono mai state indagate in questo modo?

Probabilmente sono stati fatti ragionamenti volti a identificare le esigenze in comune, ovvero quelle che occorrono in più di una PA. Ma è mai stata indagata la natura, le ragioni, la struttura e le conseguenze che queste occorrenze producono negli equilibri generali dell’ “ambiente” della Pubblica Amministrazione?

Due pubbliche amministrazioni possono infatti essere relate a una stessa esigenza ma la natura delle due relazioni potrebbe anche essere completamente diversa.

Ad esempio: una delle prime “esigenze” (rasentiamo la banalità, ma l’esempio funziona) di una Pubblica Amministrazione è l’esistenza di un costrutto normativo/performativo che le costituisca e ne definisca l’architettura e il perimetro operativo.

Una Autorità Garante nazionale e un Istituto Autonomo per le Case Popolari dipendono entrambi — e per lo più allo stesso modo — dal proprio atto istitutivo (sebbene la tipologia dello stesso possa differire in modo anche assai significativo).

Ma in materia di “quanto è richiesto al normale svolgimento” dei compiti di istituto, invece, certamente una Autorità Garante non dipende dall’energia elettrica allo stesso modo, e nella stessa misura, di come ne può dipendere un Ospedale (eppure sempre di energia elettrica si tratta).

Funzioni.

Ogni amministrazione pubblica detiene un pacchetto di funzioni che deve esercitare assicurandone il normale svolgimento.

Anche qui, sul “normale svolgimento”, si potrebbe aprire un universo di argomentazioni: quale è il profilo di “normale svolgimento” che una pubblica amministrazione deve garantire? Chi lo decide? E soprattutto su quali basi e su quali parametri?

Alle primissime lezioni di Diritto nelle scuole superiori si insegna l’art. 97 della Costituzione che impone (impone) che i pubblici uffici siano “…organizzati (…) in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione” mentre in tema di attività amministrativa la Legge impone (impone) che venga attuata seguendo criteri di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza.

Ci siamo mai fermati a pensare al mondo in cui questi criteri costituiscono effettivamente una rete di funzioni per le pubbliche amministrazioni?

E su come poi ogni singola amministrazione tenda ad interpretare — e di conseguenza a riportare nell’amministrare quotidiano — la natura della relazione che la lega a quei principi? Di come ad esempio l’imparzialità definisca una relazione specifica con la trasparenza, a trasparenza con la pubblicità, la pubblicità con l’efficacia e pertanto con l’economicità?

Immaginiamo la rete (rete, non “elenco”…) di funzioni tipiche d’istituto che una Pubblica Amministrazione svolge, immaginiamo di essere in grado di pesare quale di queste funzioni sia quella significativa per l’amministrazione, o quella più onerosa in termini di risorse (la macchina burocratica?) o quella più significativa in termini sociali (la sicurezza?) o quella più difficilmente accettata da chi è amministrato (i tributi?). Immaginiamo quindi di individuare le relazioni che legano una funzione all’altra, che ne stabiliscano interdipendenza e la gerarchia.

Può esserci utile una visione del genere? Può esserci utile al “normale svolgimento” delle funzioni della Amministrazione o magari “può giovare” in termini di esigenza accessoria?

Obiettivi.

Nell’ambito delle proprie funzioni, considerate le proprie esigenze, ogni Pubblica Amministrazione si pone (si deve porre) i propri “obiettivi”. Sarebbe in effetti più corretto parlare di “scopi” o - in una accezione leggermente diversa - di “traguardi”.

Vale lo stesso discorso fatto sopra: possiamo immaginare una rete degli “scopi” e dei “traguardi” che le pubbliche amministrazioni si prefiggono? Quante volte sentiamo parlare di “sovrapposizioni” di competenze e di finalità tra pubbliche amministrazioni? Questo capita perché non sono chiari — spesso anche alle pubbliche amministrazioni stesse — i traguardi finali, i risultati concreti che si intendono ottenere. Né sono chiari quali sono i traguardi e gli scopi delle altre amministrazioni, diciamo così, “consorelle”.

E nemmeno sono poi così chiare le modalità e le prassi con le quali le varie PA devono (o intendono) perseguire i loro propri scopi, sicché si può assistere a due pubbliche amministrazioni che magari perseguono lo stesso scopo ma lo fanno in modo diverso. Ovvero che con uno stesso metodo o una stessa prassi tentano di perseguire due scopi diversi, forse talvolta anche concorrenti.

L’immagine del network che emergerebbe da una analisi di questa matassa di relazioni potrebbe sorprendente anche il tecnico più scafato.

Risorse.

Qui arriva il bello. O forse il brutto, a seconda da che lato si guarda la questione. Far fronte alle “esigenze” (ovvero dotarsi del “cosa giova” al funzionamento), l’implementare le “funzioni” (le attività svolte in vista di un determinato scopo) e il raggiungere gli “obiettivi” (gli scopi veri e propri) sono tutte attività che richiedono il consumo di risorse.

Risorse di ogni tipo e di ogni natura, ovvero “qualsiasi fonte o mezzo che valga a fornire aiuto, soccorso, appoggio, sostegno…”. In altre parole qualsiasi cosa che — sottoposta a una trasformazione di un qualche tipo — sia strumentale all’esistenza della Amministrazione Pubblica e al raggiungimento dei suoi scopi istituzionali (ovviamente messi in opera sempre seguendo i principi di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza).

Quante volte - per lo più riferendosi a quelle economiche o umane — abbiamo sentito dire: “non abbiamo le risorse” (per fare questo o quello).

Sfortunatamente basta questa sola banale e semplice affermazione per annullare, di fatto, i cinque principi appena evocati. O quantomeno è sufficiente per metterli fortemente in discussione. Non ha importanza quale sia la motivazione della indisponibilità delle risorse (condizioni fattuali, mala amministrazione, incapacità o peggio). Nel momento in cui si evoca (assai spesso con più facilità e superficialità di quanto si possa immaginare) lo spettro della “indisponibilità delle risorse”, uno o più di quei principi muore, o si ammala gravemente.

Ogni volta che “non ci sono le risorse” o si è sbagliato qualcosa sulle esigenze, o si è sbagliato qualcosa sulle funzioni, o si è sbagliato qualcosa sugli obiettivi.

OSINT.

Pensiamo alla Pubblica Amministrazione, alle pubbliche amministrazioni, come a un sistema complesso: un network, una rete di entità, e appunto di esigenze, di funzioni, di risorse e di scopi. Pensiamo alla P.A. coma a un “ambiente”, un ecosistema se vogliamo. Un ecosistema spesso in affanno, come tanti altri ecosistemi.

Ma ogni Pubblica Amministrazione — presa individualmente — è anche una entità organizzata caratterizzata da una capacità mnestica (data la quantità di dati, informazioni e soprattutto conoscenza che immagazzina), da una capacità sociale, ovvero di interfacciarsi (più o meno bene) senza soluzione di continuità con l’ambiente che la ospita, ed infine di una capacità narrativa, ovvero l’attitudine a trasmettere all’esterno di sé pacchetti organizzati di conoscenza.

Probabilmente avete già capito dove voglio andare a parare: capacità mnestica, capacità narrativa, capacità sociale identificano i tre sottosistemi del modello di fonte che ho evocato all’interno della mia proposta di Teoria Generale per l’Intelligence delle Fonti Aperte.

Appunti sulla architettura sistemica delle Fonti in OSINT. Cosa fa di un oggetto una fonte (aperta)? Verso una dottrina delle fonti in OSINT — G. Nacci, Working Paper Fonti Aperte Etc. — 5/2017

E se ogni PA possiede ed è costituita, come lo è, da quelle tre attitudini - da quei tre sottosistemi - allora ciò vuol dire che ogni PA può essere considerata alla stregua di una fonte. Una fonte che — per definizione e costituzione del concetto di pubblica amministrazione — è anche “aperta”. Una fonte alla quale è possibile perciò approcciare con le teorie, le prassi, i metodi, i sistemi e anche (ovviamente) le tecnologie dell’Intelligence delle Fonti Aperte.

Un esperimento mentale potrebbe essere questo: come evolverebbe l’ecosistema della Pubblica Amministrazione se dovesse essere “bombardato” da un numero sufficienti di agenti OSINT (teorie, prassi, metodi, algoritmi, esperti… quello che vogliamo) ognuno con la propria agency (nel senso di capacità e modalità di agire) orientata a sviluppare una visione a network di ogni aspetto di quell’ecosistema?

Cosa accadrebbe se questi agenti disegnassero l’insieme delle proprietà della Pubblica Amministrazione (e ancora, delle pubbliche amministrazioni) con la forma di una rete dinamica, sempre disponibile e liberamente accessibile? Come si modificherebbe la nostra visione e percezione della PA (e di conseguenza il nostro modo di agire, a tutti i livelli, con e verso la PA) se ci dotassimo degli strumenti per focalizzarci più sulle relazioni significative tra le proprietà delle pubbliche amministrazione invece che sulle singole Organizzazioni, Enti e Uffici?

In altre parole cosa succederebbe se pensassimo alla P.A. come a un “problema di intelligence” (da fonti aperte)?

La proposta è questa: sviluppare una visione disciplinare di OSINT che sia adeguata e funzionale a questo specifico problema di intelligence; quindi progettare o adattare gli strumenti concettuali necessari e sviluppare soluzioni operative concrete che permettano di interfacciare e mettere in comunicazione i tanti, diversi “livelli di astrazione” che coesistono — talvolta non senza difficoltà esplicite — all’interno della Pubblica Amministrazione.

E’ una idea che può avere un senso? E’ una proposta che può avere un futuro? Possiamo usare OSINT come uno strumento di indagine disciplinare sulla P.A.? Se non altro il dibattito è aperto. E nell’ambito della correttezza e della pacatezza, è completamente “open”.

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Giovanni Nacci - Intelli|sfèra

Former Italian Navy Officer — Interdisciplinary Innovation in Open Source Intelligence (OSINT) — founder giovanninacci.net, intellisfera.it