Cosa sarebbe l’OSINT senza… l’OSINT?

Giovanni Nacci - Intelli|sfèra
7 min readMay 7, 2022

Il titolo non vuole assolutamente essere clickbaiting ma un almeno po’ provocatorio si. A chi dovesse imbattersi nei risultati di una ricerca su Google effettuata con la keyword #OSINT il noto motore di ricerca suggerirebbe tutta una serie di ricerche correlate afferenti quasi unicamente all’aspetto tecnologico: , tools online, software free, framework, motori di ricerca.

Inoltre la massima parte dei 2.230.000 risultati offerti dal motore di ricerca (tanti sono alla data del 07/05/2022) conterrebbe keyword relate quasi unicamente a concetti afferenti all’universo cyber (o internet, o social eccetera). Insomma se un extraterrestre arrivasse sul pianeta Terra ignaro di tutto ciò che vi esiste, l’OSINT gli apparirebbe come uno strumento unicamente finalizzato a indagare le attività meramente operazionali che sovraintendono al funzionamento di un network tecnomediato: ricerca di dati sui proprietari effettivi di domini internet, monitoraggio e analisi degli accessi alle pagine, estrazione di dati whois più o meno oscurati, profilazione degli utenti per mezzo della ricerca e scoperta delle tracce digitali dagli stessi lasciate (per lo più involontariamente e inconsapevolmente, per colpa di una tecnologia non perfettamente ottimizzata dal punto di vista della privacy) durante le attività sulla rete e così via.

A estremizzare questo aspetto è stata la diffusione delle reti sociali tecnomediate (i c.d. Social Network) e il relativo fenomeno di trasposizione su quelle piattaforme di una parte — spesso assai significativa — dei fatti della vita (personale e/o intima) degli utenti, abitudine questa che rende possibile “ricavare” (brutta parola, in effetti, quando usata in questo contesto…) informazioni affidabili sulla loro identità, sui loro legami e sulle loro abitudini. Questo anche contro la loro volontà (più o meno esplicita) e anche quando gli individui si affidano, in totale buona fede, a una tecnologia che — come detto — promette (e mantiene) moltissimo in termini di performance informative, ma certamente non dal punto di vista della riservatezza…

Sulla pervasività della rete e dei network sociali vorrei aprire una parentesi. Senza che nessuno abbia mai in effetti misurato la cosa, in questo settore si sente spesso dire (e altrettanto spesso si legge) che ormai la massima parte delle informazioni risiede stabilmente “sulla rete”.

E’ vero: produciamo informazioni e documenti digitali a un ritmo mai visto prima (questa newsletter è uno dei tanti esempi…). Forse è anche vero che le generazioni digitali hanno prodotto, e produrranno, più informazioni (comprese, va ripetuto, quelle relative ai dati operazioni necessari per far funzionare e mandare avanti “il sistema”) di qualsiasi altra generazione precedente. Ma domandiamoci solo per una volta: se potessimo misurare tutta l’informazione che è stata generata prima del digitale, tutta l’informazione racchiusa negli oggetti documentali, ma anche in quelli monumentali, architettonici, dalla origine della scrittura ad oggi, a che rapporto dimensionale arriveremmo?

E ancora: pur ammettendo che l’aliquota documentale digitale fosse quantitativamente di un ordine superiore a quella “analogica”, quanto del contenuto digitale è effettivamente innovativo e quanto è invece una mera “copia” (magari nemmeno troppo accurata) della mole informativa analogica preesistente?

Chiusa la parentesi, il succo è questo: è indubbio che oggi su Internet — per tutto quanto appena detto — si cerchi facile e si trovi molto, o comunque si trovi abbastanza da soddisfare le esigenze standard di una comune attività OSINT di profilo medio basso normalmente richiesta dal mercato.

Ma come spiega Martina Todaro nel suo intervento a OSINT2049 è un fatto che gli algoritmi dei motori di ricerca sono progettati per dirci quello che sappiamo di volerci sentir dire (e non quello che non sappiamo di voler sapere). Ma allora che tipo di intelligence è una intelligence che si affida quasi completamente a una sorta di oracolo che ci intrattiene con narrazioni su cose che o già sappiamo di conoscere o alle quali — sulla base di ciò che già conosciamo — siamo maggiormente disposti a credere?

E’ chiaro che una simile intelligence NON è Intelligence.

In un suo commento a margine del post di presentazione della seconda parte podcast di “ I.A. fagociterà OSINT?Martina Todaro sostiene chiaramente che “ l’OSINT deve fare i conti con le regole del web” (e con quelle di tutte le sue varie componenti costitutive e accessorie, mi permetto di aggiungere io).

E’ una affermazione forte e interessante. In primo luogo perché significa che una disciplina (l’OSINT nel nostro caso) non può sentirsi estranea — sebbene il più delle volte lo viva in una ovvia condizione di terzietà — al suo oggetto di studio. E non sentirsi estranea significa che non può sentirsi autorizzata a regolare o normare arbitrariamente né l’oggetto di studio, né tantomeno il dominio al quale l’oggetto di studio appartiene.

In secondo luogo l’affermazione è interessante perché se consideriamo il web come una fonte e se accettiamo — come ho proposto all’interno della mia Teoria Generale — che in OSINT ogni cosa va considerata alla stregua di una fonte, allora ne consegue anche che OSINT deve fare i conti con le regole di tutte le sue fonti.

Guai se ciò non accadesse: l’OSINT finirebbe per costituirsi come un vero e proprio dispositivo di classifica, ovvero di arbitraria limitazione o compressione dello stato originario delle proprietà di disponibilità e accessibilità delle fonti aperte. L’OSINT non può spingersi a normare le proprie fonti né può disinteressarsi delle regole alle quali le fonti scelgono liberamente di aderire: è un fatto etico ancor prima che disciplinare.

Nel corso dell’intervista Martina Todaro si domanda “… possiamo permetterci di vivere senza Twitter? Apple? Amazon? Senza Google? Come cambierebbe l’OSINT?

Al nostro livello di astrazione — quello dell’Intelligence delle Fonti Aperte intesa come disciplina — possiamo tentare qualche ipotesi di risposta soltanto alla parte finale della domanda: come cambierebbe l’OSINT? Sarebbe una disciplina diversa? Migliore o peggiore? Più completa? Più generalista?

Per abbozzare qualche ipotesi si dovrebbe prima approfondire — e bene — il pacchetto di relazioni strategiche tra OSINT e le proprie fonti, quindi tra OSINT e — tra le altre — il web. Ma questa è una indagine che una disciplina caratterizzata da un costrutto teoretico robusto dovrebbe aver già esperito (e l’OSINT sfortunatamente non sembra trovarsi in questa condizione ottimale).

Immaginiamo però che questa sia una questione già affrontata e risolta dalla disciplina e facciamo qualche ipotesi di ordine generale. Se Twitter, Apple, Amazon e Google (per semplificare: il web) sparissero improvvisamente, OSINT smetterebbe di essere “OSINT” soltanto nel momento in cui Twitter, Apple, Amazon e Google fossero stati gli unici oggetti di studio di OSINT (atteso il fatto che, come ipotizzato nella mia proposta di Teoria Generale, l’oggetto di studio di OSINT sono le fonti e non le informazioni).

Viceversa se a sparire fosse l’OSINT, Twitter, Apple, Amazon e Google (e il web…) continuerebbero senza alcun tipo di problema a esistere e prolificare. In questo caso, nella migliore delle ipotesi, l’OSINT smetterebbe di essere una disciplina vera e propria (informativa, analitica e autonoma in termini teoretici) e si limiterebbe a essere mera emanazione delle fonti stesse, una banale collezione di “norme, regole e tecniche di accesso” che quelle fonti richiedono, anzi impongono.

A ben guardare, sembra proprio questo il (triste) cammino verso il quale l’OSINT appare essersi avviata.

Ma non è affatto detto che debba andare per forza così. Non per forza di cose l’OSINT deve rinunciare a interpretare in senso costruttivista il proprio ruolo nell’ambito del novero delle discipline chiamate a gestire e organizzazione la conoscenza. Soprattutto perché è innegabile che non solo nel digitale risiedono le fonti che alimentano l’OSINT e che sono (già) in grado di garantirne il significativo sviluppo e la necessaria evoluzione disciplinare.

Questo non significa negare l’importanza o la necessità del web, del digitale o della componente più prettamente tecnologica dell’ Infosfera (def. di Luciano Floridi) all’interno della disciplina e delle attività OSINT. Significa al contrario adattare un assetto disciplinare che garantisca il miglior utilizzo di quella tipologia di fonti, ma che allo stesso tempo non pregiudichi definitivamente la possibilità di impiegare fattivamente tutte le altre tipologie “non digitali”.

Come sarebbe l’OSINT senza il web? Probabilmente una minore polarizzazione sulla questione “digitale” avrebbe garantito un migliore sviluppo delle capacità euristiche della disciplina nella ricerca e scoperta di fonti e tipi-di-fonti, nonché una superiore attitudine alla corretta validazione delle stesse e dei network di fonti.

Può oggi l’OSINT rinunciare al web? Quasi sicuramente no. O forse potrebbe, ma soltanto nella misura in cui noi stessi siamo disposti a rinunciarci (e qui si apre una questione enorme che però va necessariamente affrontata in altra sede).

Conviene a OSINT vivere senza il web, Twitter, Apple, Amazon e Google? Forse potrebbe, ma soltanto nella misura in cui converrà a noi disporre di una intelligence che sia concretamente, effettivamente, dimostrabilmente svincolata (o svincolabile) dai risultati degli algoritmi che quelle realtà impongono.

L’OSINT è una intelligence di fonti più che di informazioni. E l’OSINT è, tra tutte, l’intelligence che più di tutte dovrebbe prestare attenzione alle proprie prassi etiche nei confronti delle fonti. Ho scritto altrove che l’OSINT non può (più) pensare di fagocitare — ovvero consumare — ciò che direttamente alimenta la sua funzione originaria: le fonti.

Ma forse è anche il caso che la disciplina prenda in considerazione l’attuazione di idonee misure che la proteggano da chiunque (magari proprio tra le fonti più “influenti”…) intenda snaturarla e piegarla a fini che non le sono propri. La soluzione a mio parere resta sempre la stessa: un costrutto disciplinare robusto, profondo, condiviso, ben esplicitato, interdisciplinare, indipendente ma non distaccato da quello dall’Intelligence classificata.

Dopo ormai più 4 lustri sono ancora convinto che sia un argomento di una certa rilevanza, sul quale sarebbe interessante e importante avviare un dibattito pacato e costruttivo, magari iniziando proprio da qui, dai commenti.

Grazie e a presto.

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Giovanni Nacci - Intelli|sfèra

Former Italian Navy Officer — Interdisciplinary Innovation in Open Source Intelligence (OSINT) — founder giovanninacci.net, intellisfera.it